Ringrazio innanzitutto la “coraggiosa”
Miki e, se alle gentili forumiste non dispiace, ne approfitto per aggiungere in questa sede il mio personale parere “maschile”, premettendo che l’esprimere serenamente un giudizio su un personaggio di questa fatta non risulta per nulla semplice!
Assistendo alla storia di Candy è infatti fin troppo facile bollarlo come il “cattivo”, destinato a venire sconfitto dall’auspicabile “lieto fine”. Oltretutto, l’autrice gli ha riservato un ruolo ancora peggiore del cattivo “ordinario”, ovvero quello della “spalla” di Iriza Legan nella sua perpetua guerra alla bionda controparte. A ben vedere, è infatti lei il vero e unico “nemico” di Candy in tutta la vicenda, mentre il fratello lo diventa solamente per “arruolamento familiare”.
Poniamoci questa domanda: se Iriza non fosse esistita, l’oggetto dell’analisi avrebbe sviluppato quella marcata avversione per Candy che lo ha reso così “funzionale” ai disegni della sorella? Credo proprio di no: quando Neal e Candy si conoscono sono già troppo “cresciutelli” perché fra di loro possa scaturire una semplice “antipatia infantile” ed è abbastanza raro che individui di sesso opposto diventino nemici, se non a seguito di un deterioramento della loro relazione sentimentale!
Neal Legan, molto più semplicemente, accetta il suo “sordido” ruolo di coadiutore, considerando probabilmente gli iniziali dispetti fatti a Candy come semplici “goliardate” e proseguendo di seguito per forza d’inerzia, costretto anche a prendere partito e non potendo che schierarsi (non importa se per viltà o “solidarietà di sangue”) dalla parte di Iriza.
Vista da questa angolazione, la sua antipatia per Candy (del resto sinceramente e meritatamente ricambiata) può apparire quindi come un sentimento “riflesso” e “coatto”, significativamente diverso dall’acredine congenita della sorella per la sua commissionata “dama di compagnia”.
A testimonianza di ciò, esiste un episodio degno di nota in questa prima fase adolescenziale del “rapporto” fra i due soggetti dell’inchiesta: quando Neal viene colpito da Albert perché stava per ferire un cavallo (mi pare…) lui stesso spalleggia immediatamente Iriza nell’incolpare Candy di quel “brutale” gesto… poi, però, messo alle strette dall’accusata, che gli rinfaccia di dichiarare di essersi fatto “stendere” da una ragazza pur di metterla in cattiva luce, Neal ha un momento di sincera esitazione: la guarda insolitamente senza astio ma solo con marcato nervosismo, sembra resistere alle moine della madre che lo invita a dirle la (sua) verità e appare per una volta intenzionato ad ascoltare la coscienza (o l’orgoglio, se preferite) ribellandosi al ruolo che le due perfide consanguinee gli hanno imposto fin dalla nascita.
Ma, ahimè, il timore delle possibili ritorsioni è fin troppo radicato nel suo animo codardo e non gli permette di cogliere quella prima occasione di “riscatto”, rituffandolo nella sua triste funzione di complice ai diabolici intrighi di Iriza!
Da quel momento il personaggio ripiomba quindi nella “routine”, continuando a prestare la sua nefasta “assistenza fraterna”, prima a Lakewood e poi alla Saint Paul School, fino a quando la stessa Candy non deciderà di abbandonare la tutela degli Andrew per rifarsi una vita come infermiera.
Quando i due ragazzi si rivedranno (dopo l’arrivo di Candy a Chicago) è interessante notare come, a parte qualche iniziale “dispettuccio” (il tentativo di incolpare Candy di avere rotto il vaso della zia Elroy, la sparizione delle valige per impedirle, insieme ad Annie, di presentarsi al party in abito da sera) il nostro “discusso” soggetto sembri quasi cercare di allontanarsi silenziosamente dal fianco (o meglio dalle grinfie) della “sorellina” tentando di vivere anche lui la sua vita e di lasciarsi alle spalle un passato che avrebbe - ne sono convinto - dimenticato più che volentieri.
A tale proposito c’è un secondo fatto assai singolare che accade durante la trasferta di Candy a Grey Town: parlando con Iriza, Neal dichiara testualmente che non sarebbe venuto ad un suo ricevimento “perché tanto Archie ed Annie non ci sono!”
Cosa può significare un’asserzione del genere? Erano forse diventati amici? Assai improbabile, ma forse non completamente impossibile! Magari non propriamente “amici”, ma “tranquilli parenti” forse sì… chi può dirlo?
E veniamo - finalmente - a quando Candy salva Neal da quel gruppo di teppisti.
In realtà non succede nulla di particolarmente eccezionale: la nostra amica ha semplicemente obbedito alla sua istintiva generosità. Lo avrebbe fatto per
chiunque, quindi anche per Neal (e anche per Iriza, c’è da scommetterci).
Ma, lo sconcerto del “salvato”, è notevole. La sua reazione inopportuna, seppur spiegabile: a parte l’ennesima “sferzata” al suo orgoglio maschile, vedersi togliere dai pasticci da una persona che, a rigor di logica, dovrebbe detestarlo, lo pone chiaramente in un notevole stato di confusione mentale.
È probabile che Neal, da inguaribile opportunista, abbia cercato di seppellire subito quello strambo episodio nei più profondi recessi dalla sua mente (dubito che potesse cancellarlo!) in modo da evitare future e indesiderate complicazioni. Ma la “spietata” Kyoko Mizuki (vita grama quella dei personaggi maschili, nelle mani delle penne femminili!) anziché lasciarlo proseguire lungo la sua tranquilla strada “divergente” dall’universo di Candy, gliela risbatte davanti proprio mentre sta facendo il servetto (cioè il facchino) della sorella, intenta a rinnovarsi il guardaroba in vista della trasferta newyorchese per assistere alla Prima del “suo” Terence!
E qui assistiamo alla magistrale “toppata” di Candy, che, da brava “femme fatale”, che cosa gli fa…? L’occhiolino!
Mi si permetta di citare il grande Carlo Goldoni, autore della celeberrima
Locandiera (1753), che fa dire al Cavaliere di Ripafratta (sicuramente un antenato dei Legan): “
Sì, donne: sempre più dirò male di voi; sì, voi ci fate del male, ancora quando ci volete fare del bene!”
Per poco la pila di scatole contenente gli acquisti di Iriza non fa una brutta fine… quella che fa invece il cervello di Neal, che non avrà certamente dormito per molte notti!
Ma dico, siamo impazziti (impazzite)?! L’occhiolino! Ditemi voi come quel disgraziato avrebbe dovuto/potuto interpretare un segnale di una tale ambiguità!
Passiamo ora a quello che può di fatto considerarsi come “l’ultimo dispetto” di Neal…
Siamo a Broadway, la Prima di
Romeo & Giulietta sta per andare in scena. Ma la scalogna “paperinica” di Candy le fa incontrare per l’ennesima volta il malefico trio e lei, per dimostrare di non essere una “portoghese”, mostra loro imprudentemente il suo biglietto, che finisce nelle mani di Neal. Costui (per abitudine? Per riflesso condizionato? Per non perdere la “fiducia” delle due ignobili parenti?) si affretta a strapparlo e a gettarlo via! Angosciata, Candy ne raccoglie i pezzi per rivolgergli, subito dopo, un rimprovero del tutto personale: “
Non avresti dovuto farlo…!” accompagnato da uno sguardo che non appare semplicemente rancoroso, ma piuttosto rammaricato e deluso dal fatto che quella “buona lana” non sia per nulla maturato dal loro ultimo (anzi, penultimo) incontro.
E Neal accusa il colpo. Sussulta, s’imbarazza, smarrisce lo sguardo… forse, per la prima volta in vita sua,
si sente colpevole. E si sente tale nei confronti di Candy!
Quest’ultima, trascinata successivamente dalla solita sequenza di eventi che non la lasciano con sé stessa nemmeno un minuto, non avrà certamente modo di ricordarsi di quel minimo cenno di pentimento espresso dal suo eterno “aguzzino per procura”, sempre che fosse riuscita a coglierlo.
Tuttavia, per lo sciagurato rampollo dei Legan, la cosa si presenta assai diversa: di tempo ne avrà anche troppo per immagazzinare l’episodio nel suo tormentato cervello. E quando il destino (o meglio la sua “sadica” creatrice) gli propinerà il piattino successivo, gli eventi non potranno che precipitare.
Infatti, quando Neal - da perfetto “teppista incravattato” - subisce un incidente con la macchina e Candy si trova a passare di lì “per caso” (le virgolette sono sempre per la Mizuki), si fa chiaramente subito avanti per soccorrerlo. E lui, questa volta, non fa lo scontroso, pur rifiutandosi (per timore?) di seguirla in ospedale per un controllo. Non torna però a casa a mani vuote: stretto attorno al suo polso ferito c’è, nientepopodimeno, che il fazzoletto ricamato di Candy, recante le sue iniziali… e quest’ultima sensazione fisica, sommandosi a tutte le altre che avevano seguito la stretta di lazo in risposta a quel lontano gavettone, si rivela come l’innesco di un fatale processo d’alchimia che dà luogo alla “inverosimile” passione di Neal per la sua ex “sorella-adottiva”!
Dovendo ora rispondere alla fatidica domanda posta dalla gentile promotrice di questo topic, proverò a cimentarmi nell’ardua impresa procedendo a piccoli passi...
Innanzitutto ritengo si debba, almeno inizialmente, parlare di semplice infatuazione, di certo non dissimile da quella che aveva colpito, uno dopo l’altro, tutti gli altri personaggi del “sesso forte”. Poteva restarne immune proprio lui, povero illuso?
Che poi l’infatuazione possa essersi gradualmente trasformata in qualcosa di più serio non possiamo escluderlo, anche se l’agire di Neal, pilotato dal suo maledetto DNA, non ha saputo dimostrare nient’altro che un immaturo trasporto egoistico. D’altra parte, abituato com’era a vedersi bramato da tante esponenti del gentil sesso solamente in virtù del suo ceto, il disgraziato “seduttore” non poteva che partire col piede sbagliato nell’avvicinare l’oggetto del suo desiderio: prima lo fa in un modo fin troppo insolente (facendola chiamare nell’ufficio del dottor Leonard) e poi in un modo fin troppo ingenuo (facendole la posta fuori dall’ospedale, con tanto di omaggio di buquet). E Candy, se al primo tentativo lo rifiuta con fredda ma formale cortesia, al secondo fa persino di peggio: lo compatisce con un “materno” risolino (ma lui cosa poteva pretendere, dopo le vicende passate?).
E qui cominciano i guai: sentendosi umiliato e schernito dopo averle mostrato la parte migliore di sé (e
lo era, rendiamocene conto: con tutta la sua buona volontà, non avrebbe potuto fare di più!) decide allora di costringerla a mettersi con lui scoprendo tutte le sue (peggiori) carte!
A questo punto ognuno può pensare ciò che vuole. Che la sua insistenza esprimesse soltanto il capriccio di uno stupido ragazzino viziato. Che manifestasse soltanto l’insano desiderio di far proprio “un gran bel bocconcino” come Candy (
nd Andy Greason!). Che raggiungere quel traguardo impossibile gli servisse da rivincita verso i cugini, che da sempre lo avevano considerato una nullità.
Tutto può darsi… tuttavia si può anche ritenere (come piace al sottoscritto) che dietro quella corte serrata vi fosse anche (o soprattutto) l’inconscio desiderio di "riciclarsi" diventando un uomo rispettabile come marito di una donna rispettabile, cercando quindi nella dolce Candy un’efficace alleata nella bramata fuga dalla madre e dalla sorella, dal momento che non sarebbe mai riuscito (e lo sapeva perfettamente) a sgusciar via dalle loro grinfie in virtù delle sue sole forze!
Purtroppo per lui, il “passivo” nei confronti dell’orfanella era troppo pesante perché la sua non fosse una battaglia persa in partenza (anche se Terence non fosse esistito, per intenderci).
Prendendo la mia suddetta ipotesi per valida, si può senz’altro dire che il cattivo del cast, pur desideroso di passare fra i buoni, si sia risolto di chiedere aiuto alla persona sbagliata, nel momento sbagliato e soprattutto nel modo più sbagliato!
Certo, la storia non si fa con i “se”… ma, probabilmente, con un pizzico di coraggio e di umiltà in più, trovando la forza di chiederle sinceramente scusa (non dico inginocchiandosi ai suoi piedi, anche se questo gesto una certa efficacia l’avrebbe avuta!) poteva certamente ottenere il suo perdono, non difficilmente il suo rispetto, probabilmente anche la sua amicizia.
Mi piace inoltre pensare che se Neal, per assurdo, avesse ottenuto lo scopo di fidanzarsi con Candy, la sua infatuazione e la sua possessività si sarebbero facilmente trasformate in quell’ amore che lui non sapeva esprimere perché, a suo tempo, chi avrebbe dovuto insegnarglielo non ne era stato capace, traviato com’era dai propri principi “aristocratici”. Al contrario, la dolcissima trovatella dai codini d’oro avrebbe ben potuto colmare quella lacuna; se non che, per via della nefasta catena di avvenimenti che ben conosciamo, non poteva certamente essere disposta a farlo!
Povero Neal… se quella madre indegna, invece di crescerlo nel disprezzo dei suoi simili meno “abbienti” e nel mal riposto “culto” della perfida sorellina, lo avesse piuttosto infilato in una cesta e posato davanti alla porta della Casa di Pony, gli avrebbe decisamente fatto un grossissimo favore.
E, se le cose fossero effettivamente andate in questo modo… chissà!
Non avendo invece voluto, la pur ineffabile autrice della saga, dare al suo personaggio “funzionalmente negativo” la grinta necessaria per cambiare, sarà inevitabile che la sua figura si dissolva, destinata a quell’oblio che attende tutti i “cattivi” ad ogni lieto fine di matrice disneyana. Rimane solamente, a noi spettatori, il rammarico di non avere assistito al suo felice “recupero”, anche se non necessariamente da parte di Candy!
Ma, per fortuna, esistono le fanfic… e, per fortuna maggiore, esistono autrici come
Silvi76 e
Odyssea. Nella sua
Ritrovar sé stessi la prima ci propone un Neal Leagan maturato per conto proprio, che non solo bacchetta le malefiche parenti davanti allo zio William, ma poi, al matrimonio di Candy con Terence, si scusa da uomo con la sposa ottenendone il perdono e anche l’affetto! La seconda, nella sua ancora innominata opera, ci fa assistere a un cammino ben più travagliato del protagonista, che troverà finalmente nella dolcissima Susan la sua sospirata ancora di salvezza.
C’è chi dice che le storie a lieto fine siano troppo ingannevoli e “diseducative” e che sia necessario invece qualche crudo finale “mordente” per insegnare e rammentare che la vita è una continua lotta contro le proprie ed altrui meschinità, dove non sempre la fiducia, la fede e l’abnegazione ci garantiscono il superamento dei nostri problemi. Al contrario, io trovo rasserenante assistere, almeno nel mondo della fantasia, a vicende dove i “cattivi” diventano “buoni” e dove i “deboli” (caratterialmente parlando) diventano “forti”.
Rendo quindi tutto il loro merito alle due autrici sopracitate per aver voluto “recuperare” un personaggio costretto da “funzionali esigenze di sceneggiatura” a comportarsi da cattivo e averlo felicemente accompagnato nel campo dei “giusti”.
Anch’io sarò lieto di dare, fra non molto, il mio personale contributo in questo senso.
A presto, dunque, signor Legan.
Edited by Andy Grim - 6/1/2011, 23:52