| Odyssea |
| | Carissimi, ci ho pensato a lungo e il fatto stesso che abbia dovuto rifletterci così tanto mi ha indotto a pensare di non avere nulla in più da dire di ciò che ho già detto nella mia vita. Non perché non abbia patito la mia buona dose di tribolazioni, ma perché ho cercato sempre, per tempo, di manifestare ciò che volevo manifestare, e di tacere ciò che giammai ( neppure a distanza di anni) avrei voluto esprimere. Dunque, ho anch'io le mie lettere non spedite, ma sono contenta di non averlo fatto. Però volevo ugualmente partecipare a questa nuova sezione introdotta da Esther e inaugurata egregiamente da Stellina, e allora una strana tentazione si è fatta largo nel mio cuore...Ho dato libertà alla fantasia e ho immaginato un'ipotetica lettera inviata da Terence a Candy e, anch'essa, mai spedita. Vi giuro, per mezz'ora mi son sentita io stessa Terence! Non sono matta, però ero così commossa, come se io stessa vivessi le sue emozioni, che non ho impedito a due lacrime di rigarmi la faccia e dondolare sul mento..... Vi prego, non giudicatemi sciocca. Semplicemente, mancava una lettera di Terence fra tutte quelle che sono state spedite o non spedite ....Allora l'ho inventata io, cercando di immaginare ciò che avrebbe potuto provare....Secondo me Terence è destinato a soffrire molto più di Candy. Il suo sorriso sulle copertine dei giornali non mi inganna. Per questo, ho voluto essergli vicina in questo modo... Vi abbraccio forte forte forte e vi voglio bene sul serio. Odyssea Lettera di Terence a Candy ( mai spedita) Cara Candy ho osservato questo foglio vuoto per ore, e con esso la luce fioca della lampada riflessa sulla pagina, andando avanti e indietro in silenzio, sentendo solo il rintocco dei miei passi sul pavimento, e per ore mi sono chiesto se l’idea di scriverti fosse giusta e sensata. Per ore, intrappolato in questo unico assillante pensiero, ho domandato alla mia coscienza e al mio onore se desiderare così ardentemente di parlarti sia fedele alla promessa che feci un tempo, tacitamente, a colei che dorme nella stanza accanto. Non ho trovato una sola risposta, forse perché non esiste. So soltanto che adesso sono qui, a scrivere, e se è vero che un uomo non piange, allora non sono un uomo in questo momento. Ti chiederai perché abbia deciso di farmi vivo proprio oggi, proprio adesso, dopo mesi di silenzio, dopo aver giurato non soltanto a me stesso che ti avrei trasformata in un ricordo lontano, dopo aver scelto una strada che non ti comprende, che ti separa da me senza speranza. La verità è che stamane, a New York, ho rivisto Albert. Non so ancora se sia stato per caso, o se ciascuno di noi abbia inconsciamente brigato per incontrare l’altro. Non lo voglio sapere, forse perché temo di scoprire di essere stato io a cercarlo con tutti i mezzi possibili, con una foga da affamato, e se ammettessi questa debolezza ammetterei anche di essere un uomo senza parola. Volevo sapere come stavi e…ho scoperto di voi…L’ho intuito, senza che lui me ne parlasse direttamente. Il nostro Albert aveva sul viso le tracce d’una commozione infinita e insieme l’impronta indelebile della felicità. Sei tu ad averlo reso così raggiante? Come posso dubitarne, dopotutto? Albert è la persona migliore che io abbia mai conosciuto, senz’altro migliore di me, lo stimo più di ogni altro. Se mai, osservando la tua vita dal di fuori, da estraneo, avessi potuto esprimere per te un auspicio di felicità, avrei visto lui al tuo fianco. Ti confesso che, già da quando abitavate insieme a Chicago, e soprattutto dopo, quando lo incontrai a Rockstown e parlammo a lungo di te, di me, di ciò che sarebbe stato, la mia mente aveva colto dei segnali, seppure inconsciamente, leggendo nei suoi occhi un attaccamento che aveva cessato di essere solo amichevole. Non che fossi geloso di lui ( non in modo cosciente) ma lo ritenevo così eccezionale, così ammirevole, che penso di aver avuto la certezza, ancora senza rendermene conto e senza metterla a fuoco, che alla fine avresti preferito la sua anima esemplare alla mia anima imperfetta. Io non sono altrettanto meritevole. Perché, per un istante, mentre lui mi parlava, con quella sua delicata schiettezza, con quel fare risoluto e insieme gentile ( come se volesse dire e non dire e andare e restare) ho provato dentro una fitta di delusione e tristezza. Un dolore egoista, avaro, una sofferenza così meschina da rendere ancor più eccezionale il mio tentativo di nasconderla. Gli ho sorriso, e non sono mai stato così bravo a interpretare una parte. Non c’è Romeo o Amleto che possano dimostrarsi all’altezza di Terence che finge il più totale compiacimento. Purtroppo non credo di aver ingannato Albert ( buono e sagace in ugual misura) benché la mia prova d’attore sia stata eccellente. Tuttavia, gli ho fatto promettere che non ti avrebbe parlato del nostro incontro. Che senso avrebbe avuto? Non ho la presunzione di credere che il tuo cuore ancora mi appartenga, e se così fosse, se tu volessi farmi l’onore di considerarmi tuttora parte di te, sarebbe un motivo in più per tacerti che ci siamo incontrati. Sono certo che manterrà la promessa. So che starai bene con lui, lo desidero immensamente, eppure….sto male, mia piccola scimmia lentigginosa. Sto male. Che diritto ho di sentirmi così disperato? Che diritto ha un uomo che ha fatto per primo una scelta, che per primo ti ha detto vai, stai lontana, di provare qualcosa che sa così poco di gioia e così tanto di desolazione? Quando hai impedito a Susanna di suicidarsi, mentre percorrevo il terrazzo dell’ospedale per prenderla in braccio e condurla in salvo, non ti ho nemmeno guardata, eppure eri lì, una piccola donna confusa dietro la neve, dietro il vento, nel tuo cappotto vivace che ondeggiava, e avrei voluto volgere gli occhi dalla tua parte, condividere con te la mia angoscia, ma…non ce l’ho fatta. Non sono stato un eroe, non come avrei voluto. Non dovevo lasciarti andare, eppure l’ho fatto. Ho perso perfino me stesso, per molto tempo…Non riuscivo a dimenticare la tua schiena davanti a me, il profumo dei tuoi capelli, la tua voce spezzata e tuttavia coraggiosa…perfino recitare mi era impossibile. Sono stato a lungo sull’orlo di un baratro, appena un passo dal cadere giù per sempre. Bevevo, non ero me stesso, ero uno spettro con una soma enorme sulla schiena, mi annientavo per non pensare, morivo per non morire. Poi...ho creduto di vedere te in mezzo a quella squallida folla….in mezzo al fumo….te.. come quella notte sul terrazzo...come la prima volta sul piroscafo…una macchia di luce, e ho sentito dentro un assalto di orgoglio, di energia…Come potevo abbrutirmi così? Come potevo non essere all’altezza della tua straordinaria forza d’animo? Mi son detto..”Candy mi ammonirebbe se mi vedesse sul serio…mi compatirebbe e mi sgriderebbe…Tirati su! Torna te stesso!”. Sono tornato, dunque, sono qui adesso, i giornali mi osannano nuovamente, i critici mi lusingano…. Quando sono Amleto dimentico il dolore. E’ l’unico momento in cui il male si separa da me, la sua passione diventa la mia, la sua morte mi libera. Il teatro mi fa tornare indietro, ai dolci momenti trascorsi insieme, quando avevamo aspettative e sogni e speranze, quando non c’era nulla che non pretendessimo dal futuro. Candy, tu mi hai insegnato ad amare. Non mi riferisco solo all’amore nei tuoi confronti, ma all’amore in generale. Prima di conoscerti ero un ragazzo introverso, incapace di dare agli altri qualcosa di più di un muto disprezzo. Avrei fatto a pezzi il mondo, avevo dentro una collera capricciosa, una cocente delusione, distruggevo per paura di costruire.. E poi sei arrivata tu…con la tua vita difficile e la tua vivacità…che esempio per me, il tuo! Ti ho ammirata e subito dopo ti ho amata. Mi hai aiutato a riconciliarmi con mia madre, hai scovato la mia sensibilità inespressa, mi hai fatto ridere, mi hai fatto scoprire la vocazione per il teatro. Amandoti, ho amato tutto il resto. Hai amplificato ogni cosa buona che possedevo pur senza saperlo… Piccola Tarzan Tuttelentiggini, non mi sarà possibile dimenticarti. Eppure, non tornerò indietro. Susanna ha bisogno che le stia vicino, talvolta la sua dipendenza da me mi spaventa…Se la lasciassi morirebbe, si spegnerebbe come un fiore al buio….Talvolta, se sono immerso nei pensieri e distratto, sento la sua mano che stringe la mia e la sua voce che si fa supplichevole, atterrita, come se temesse in ogni istante che vada via di nuovo. Sorride sempre, ma ha paura, lo percepisco perfino dai suoi respiri. Le voglio bene, mi ha salvato la vita, come potrei restare indifferente a un simile dono? A quest’ora potrei esserci io al suo posto, sulla sedia a rotelle, e negli occhi gli stessi lampi di panico. Aiutandola, sostenendola in questa tremenda prova, mi sento meritevole di perdono per tutti i miei errori. Mi sento più pulito, così, dedicando a lei la mia vita, a lei che senza di me non avrebbe niente. Perfino sua madre è morta… Candy, spero veramente che tu sia felice. Lo spero…e insieme ne soffro…Non riuscirò mai ad essere perfetto quanto te, come vedi. Mai così buono….Ma non crollerò, non temere. Sono forte adesso. So qual è la mia vita, il mio destino. Ho il teatro che mi protegge. E il tuo ricordo. Addio, amore mio, addio. Addio al tuo sorriso sbarazzino, alle tue smorfie da bambina, alle tue parole da donna. Sarai felice, ne sono certo, molto più che con me, molto più di me. Ma non lo saprai, perché non ti spedirò questa lettera. Crederai che io sia finalmente sereno vedendo la mia faccia spensierata sui giornali e sapendo dei miei successi. Crederai che abbia superato la nostalgia, vivrai più tranquilla con questa persuasione. Fingerò per renderti libera. E per sopravvivere io stesso degnamente. Ma non scordarmi del tutto, ti prego, non farlo. Tieni qualcosa di me nel tuo cuore. Io serberò per sempre la memoria dei nostri giorni di Londra, e la Scozia, e la tua uniforme bianca che corre dietro il treno, e lo schizzo dorato dei tuoi capelli…. Ora vado…ma mi chiedo...come fece una volta Romeo..”Posso andare avanti se il mio cuore è altrove?”. Tuo Terence.
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